La Vita

Biografia di Franco Califano

franco-califanoEsistono uomini che fanno la storia, ed esistono uomini che sono la storia. Franco Califano si pone in mezzo fra le due categorie, con la sua consueta e scellerata voglia di spezzare gli schemi e di non uniformarsi al mondo che lo circonda, se non per godere delle sue bellezze senza freni. Il Califfo, o il Maestro, non ha mai voluto piegarsi alla normalità delle cose: sin dalla sua nascita, che avvenne per puro caso fra le poltroncine di un aereo che stava sorvolando i cieli fra la Libia e Johannesburg. Era il 14 settembre 1938 e il mondo diede il benvenuto al piccolo Franco, poco prima di venir sfregiato dalle tragedie della Seconda Guerra Mondiale.

Franco Califano: la nascita e l’infanzia

Franco Califano nacque dunque in Libia, ai tempi territorio italiano, il 14 settembre 1938: la mamma Jolanda lo partorì nel cielo della Sirte, costringendo il pilota ad un atterraggio d’emergenza a Tripoli. Suo padre Salvatore era un soldato in quel periodo arruolatosi nell’esercito italiano, e risiedeva proprio in Libia, insieme alla moglie e alla piccola Liliana. La famiglia decise presto di tornare a casa: Salvatore era originario di Pagani, mentre Jolanda di Nocera Inferiore. Fu proprio quest’ultima la città che accolse la famiglia Califano.

Gli anni dell’infanzia del Califfo furono connotati, come poi sarà tutta la sua vita, da una doppia esistenza: da un lato gli anni passati nei severissimi collegi e scuole ecclesiastiche di Nocera Inferiore e di Amalfi, dall’altro la voglia – decisamente prematura – di andare controcorrente e di godersi la vita, fra gli immancabili tiri mancini e le primissime fughe d’amore fra i corridoi ed i cortili delle scuole. Lui avrebbe voluto fare il pompiere: alla fine si ritrovò ad accendere il fuoco delle sue tante conquiste femminili.

Fra le tante avventure giovanili del Califfo, rimarrà storica la sua fuga a piedi dal Collegio Sant’Andrea ad Amalfi fino a Pagani, senza le scarpe. Il Califfo, sin da piccolo, ha sempre dimostrato quello che sarà poi il trait d’union della sua intera vita: guardare al futuro senza mai curarsi del presente, se non per le belle donne ed il divertimento sfrenato.

Il periodo giovanile del Califfo: genio e sregolatezza

Dopo aver chiuso il capitolo relativo alle scuole dell’obbligo, il Califfo si trasferì insieme alla famiglia a Roma, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Franco Califano decise di iscriversi all’ITCG Ludovico Ariosto: dopo un periodo iniziale, il Califfo dovette passare al corso serale di ragioneria. Il motivo? Semplicemente non riusciva mai ad alzarsi la mattina, a causa della sua folle vita notturna trascorsa fra centinaia di locali e, soprattutto, di donne piacenti. È lui stesso a ricordarcelo, all’interno della sua affascinante autobiografia “Senza Manette”, pubblicata nel 2008: come casa aveva una Fiat 1400, come compagna di vita la vita stessa, che lui non si vergognava a spremere come un limone.

La sua giornata tipo era la seguente: prima il corso serale di ragioneria, poi la palestra e la boxe, e successivamente l’invasione dei locali e delle discoteche della Capitale, fino alle prime luci del mattino. E spesso in dolce compagnia. Allo stesso tempo, però, Califano dimostra un’attitudine per lo studio davvero spiccata: i suoi voti sono straordinari, e la sua intelligenza lo porta ad una crescita artistica e culturale che esploderà pochi anni dopo. Un vero e proprio mix di genio e sregolatezza.

Franco Califano diventa uomo

Il periodo giovanile riservò a Franco Califano anche un grave lutto: papà Salvatore scomparve prematuramente a 38 anni, lasciandolo orfano a 18. Fu qui che probabilmente il Califfo comprese che la vita era realmente breve, e che andava goduta fino in fondo: come sottolineato dallo stesso Califano nella sua autobiografia, infatti, il padre era un gran lavoratore e non riuscì mai a godersi la vita. In seguito al lutto, il Califfo decise di trasferirsi a Milano e di inseguire il sogno del successo nei fotoromanzi: il suo viso da belloccio tutto d’un pezzo gli portò diverse collaborazioni con le edizioni Grand Hotel e Lancio, soprattutto nei panni del duro. L’avventura milanese durò molto poco, dato che il Califfo decise di tornare a Roma.

A 19 anni Franco Califano sposò Rita Di Tommaso, dalla quale ebbe Silvia: il matrimonio durò poche settimane, seguite dalle solite storie d’amore. Come dichiarato dallo stesso Califano, infatti, i suoi 21 anni furono festeggiati all’insegna della follia: playboy incallito, il Califfo si lanciava sempre alla ricerca di nuove conquiste, al punto da infilarsi letteralmente dentro le cabriolet ferme ai semafori e guidate da belle donne.

L’esplosione artistica di Franco Califano

La vena artistica di Califano era oramai prossima alla luce: dopo un veloce tentativo con la poesia, archiviato perché «compresi che sarei morto di fame», la musica entrò in modo dirompente nel sui destino. Dopo tanti anni passati a studiarla, da grande appassionato, il Maestro decise di intraprendere la carriera di autore: la canzone “Da molto lontano” piacque immediatamente ad Edoardo Vianello, mentre Bruno Martino venne conquistato da “E la chiamavano estate” (1965). Come non sottolineare, poi, il successo di “La Musica è finita”, scritta nel 1967 per Ornella Vanoni?

Ma il ’67 fu anche un anno durissimo per il Califano: contratta la meningite, fu costretto a trascorrere un intero anno al Mater Dei di Roma. Un colpo basso del destino, che spinse il Califfo sull’orlo della bancarotta e che fece andare in fumo il denaro guadagnato con la sua carriera di paroliere. Al punto che, dimesso dall’ospedale, il Califfo scelse la via della prostituzione per procurarsi un alloggio e per pagarsi le spese. Anche qui, però, il Maestro scelse con cura le sue clienti: solo donne bellissime e ricchissime, per poter riprendere quella sua vita all’insegna dell’agio interrotta dalla malattia.

Franco Califano: i successi e le accuse

Poi, la svolta: la notorietà come autore gli spalancò le porte principali del mondo della musica. Nel 1972 Califano firmò un contratto con la CGD e pubblicò il suo primo album: “’N bastardo venuto dar Sud”. Il suo nome finisce sempre più spesso sulle pagine dei giornali: la sua musica è di quel trash che a molti politicanti piace sempre meno, mentre il suo stile di vita è oramai diventato il simbolo del vizioso per eccellenza. Ed intanto, le sue storie d’amore proseguono senza sosta.

Intorno a Califano cominciano a girare accuse molto pesanti, al punto che nello stesso anno del suo primo successo i carabinieri bussano alla sua porta e lo conducono in carcere, con l’accusa di traffico di stupefacenti. Ma gli arresti domiciliari non lo fermano: temprato da mille battaglie e da una vita condotta sempre sul filo, il Califfo si reinventa ed incide un nuovo disco all’interno della sua roulotte. Nel 1973, poi, entra di diritto nella storia della musica italiana con il brano “Minuetto”, scritto per Mia Martini. La carriera da cantante, però, non è ancora sbocciata del tutto.

Tutto il resto è noia: arriva il successo come cantante

Nonostante tutte le beghe legali e le spese relative alle cause e agli avvocati, il Califfo riesce finalmente a coronare il suo sogno: nel 1976 il suo disco “Tutto il resto è noia” spacca in due l’Italia, posizionandosi al primo posto delle classifiche e restandoci per ben 7 settimane, con oltre un milione di copie vendute. Le sue canzoni, che parlano di amore, di pragmatismo e di avventure, diventano lo spaccato di un’Italia che ama divertirsi e far divertire, e che ne ha le tasche piene della politica.

Il testo di “Tutto il resto è noia” finisce addirittura come oggetto di studio fra le aule delle scuole, mentre il suo solito faccione da duro campeggia sui giornali e sui tabloid dell’intero Stivale. Come se non bastasse questo, la nuova generazione dimostra di amare alla follia non solo la sua musica, ma anche il suo personaggio ed il suo stile di vita. Al punto da spingerlo sui set cinematografici di Gardenia – Il giustiziere della mala (1979) e Due strani papà (1983), insieme al grande Pippo Franco.

La carriera da produttore ed il nuovo arresto

Ma Califano, nonostante il successo, desidera ancora provare nuove esperienze: negli anni ’80 si reinventa come produttore discografico e assume sotto la sua etichetta campioni d’incassi del calibro di Ricchi e Poveri, Donatella Rettore e Jo Chiarello. E nel mentre continua a pubblicare dischi di grande successo: “…tuo Califano” (1980) e “La mia libertà” (1981).

Poi, nel 1984, il Califfo torna in carcere: l’accusa è ancora quella di traffico di stupefacenti, ma anche la forza d’animo è la stessa di 12 anni prima. Ed è proprio in carcere che il Maestro scrive “Impronte digitali”: un album che è una vera e propria biografia di quel periodo così complesso della sua vita. Alla fine, Franco Califano verrà assolto dalle accuse per mancanza di prove, tornando trionfante sulla scena della musica italiana.

Gli anni 2000: dalla televisione ai concerti

Dopo le cover degli anni ’90, Califano sceglie la via della televisione per proseguire la propria carriera: partecipa a Music Farm (condotto da Simona Ventura nel 2006) e a Ciao Darwin (nel 2007 e nel 2010). Poi il grave incidente: il Califfo si rompe tre vertebre cadendo dalle scale, il che lo costringe a dire arrivederci alle scene per 2 anni. Tornerà nel 2012 più carico che mai, inanellando concerti dal vivo e comparsate in programmi Tv molto seguiti, come ad esempio Domenica In, Domenica Live e Tale e Quale Show. Il 18 marzo 2013 tenne il suo ultimo concerto al Teatro Sistino di Roma: pochi giorni dopo, il 30 marzo, il Califfo si spense, lasciando all’Italia intera un segno nel cuore.

4 Comments

  • da quando ti ho conosciuto nel lontano 1982, Maestro continuo a vivere con le tue canzoni che anche se mi danno tanta malinconia mi aiutano a continuare in questo mondo. Ho perso il lavoro a 55 anni, (e chi ti prende più a lavorare a questa età), un genitore di 87 anni che cammina con le stampelle, un fratello con crisi depressive bipolari da oltre 20 anni ed i salti mortali per andare avanti in questa vita.
    Maestro grazie per il patrimonio immenso che ci hai lasciato e …. non escludo il tuo ritorno.
    Ti voglio bene
    Manlio

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